Storia della mia calvizie
Brunella Schisa
Un umorismo graffiante come da tradizione ebraica, sia che si firmi col suo vero nome sia che usi uno pseudonimo. Arnon Grunberg e Marek van der Jagt oscillano tra ironia e romanticismo e hanno messo nel sacco lettori, critici, editori e perfino la giuria olandese di un prestigioso premio per il miglior romanzo d’esordio che ha premiato Grunberg nel ’94 con Lunedì blu e Marek van der Jagt nel 2000 con l’irresistibile Storia della mia calvizie . Il protagonista di Dolore fantasma è uni scrittore in crisi di ispirazione spendaccione e adultero che a tratti ricorda Barney Panofsky, l’indimenticabile personaggio di Mordecai Richler.
Perché ha usato uno pseudonimo? Il suo nome le andava stretto? “Volevo vedere come reagivano i lettori, e poi perché scrivevo dei racconti su un giornale olandese e quando l’editore si è spostato in una casa editrice, desideravo continuare a lavorare con lui senza tradire il mio gelosissimo editore. Sa, gli editori possono essere più gelosi delle amanti”.
Ma nel 2002 è stato scoperto.
“Avevo vinto per la seconda volta un premio e i giornalisti mi davano la caccia. Uno arrivò a Vienna dove avevo l’indirizzo di posta di Marek e trovò una donna. Cominciò a girare la voce che Marek fossi io. Poi nel 2002 tre matematici romani, analizzando al computer gli stili dei due autori, scoprirono la verità. A quel punto ho confessato”.
Arnon Grunberg mi sembra più malinconico di Marek van der Jagt.
“Sì, Marek è più innocente anche nel nuovo romanzo Gstaad. Vedrà”.