Arnon Grunberg
Il Manifesto,
2006-02-25
2006-02-25, Il Manifesto

Arnon Grunberg, pulp mascherato da sionismo


Francesco Màndica

Uno scrittore bulimico. Nonostante Arnon Grunberg si sia clonato con lo pseudonimo Marek van der Jagt - moltiplicando di fatto la propria produzione - non ha perso l’abitudine di licenziare a prorpio nome almeno un libro all’anno. Tocca ora a Il messia ebreo (Instar Libri, traduzione di Claudia Di Palermo, pp. 247, Euro 15,00) che è, se possibile, il suo romanzo più estremo e brutale. Grunberg e van der Jagt sembrano riunirsi per raccontare questa storia blasfema, destabilizzando chi pensava che lo sdoppiamento fosse non solo un escamotage editoriale ma anche la necessità di alternare registri differenti. Perché se Grunberg è l’indagatore attento di una società in decomposizione, Marek van der Jagt è il risultato di questa decadenza, la vive in prima persona. La storia di Xavier Radek, il protagonista del romanzo, è il risultato di questo scisma ricomposto.
Nipote di un SS artigiano della morte, figlio di una donna mentalmente disturbata che prova piacere soltanto conficcandosi un coltello nel’inguine, Xavier nella tarda adolescenza viene in contatto con la comunità ebraica di Basilea. Inizia a interessarsi alla causa ebraica, di fronte al rabbino e a suo figlio Awromele si spaccia per ebreo, tacendo le proprie origini imbarazzanti. Arriverà a farsi circoncidere pur di essere considerato uno di loro. L’operazione viene fatta in casa, la fertita va in setticemia e al ragazzo amputano un testicolo, ora divenuto feticcio conservato gelosamente in formaldeide e ribattezzato Re Davide. Nei mesi dela riabilitazione Xavier e Awromele iniziano una relazione sentimentale, decidendo di partire per Amsterdam per seguire la scuola d’arte: insieme coltivano il progetto di tradurre il Mein Kampf in yiddish, insieme vogliono fuggire da una situazione famigliare disastrosa, aggravata da uno stupro di gruppo subito da Awromele. Semrpe più convinto assertore del sionismo, pur continuando a essere un goy, Xavier decide di trasferirsi definitivamente in Israele insieme al suo compagno. La sua missione di consolatore degli ebrei diviene ora urgenza fondamentale che lo spinge a un cursus honorum per approdare ai massimi vertici dell’autorità nazionale: la presidenza del consiglio, eletto tra le fila del Likud.
Corrotto e spregiudicato, Radek inizia a vendere testate nucleari ai paesi amici di Israele, nel tentativo di sionizzare l’occidente: bombardandolo. Nascosto in un bunker finirà per accarezzare i resti imputriditi di Awromele uscito dal rifugio e linciato dalla folla insorta contro le farneticazioni del politico che invitava a guardare al proprio testicolo amputato come al messia profetizzato dalle scritture. La meticolosità morbosa di Grunberg nel delineare realtà allucinate riesce a rendere seducente anche un plot fracassone come questo. Nel descrivere cioè tutte le aberrazioni umane con una disinvoltura sadica, qui portata all’estremo. Gestita con tempi narrativi perfetti, questa deriva macabra pone lo scrittore olandese ai vertici di quella che è stata - e forse ancora è - la letterartura pulp.