Arnon Grunberg
Il Giornale,
2004-09-11
2004-09-11, Il Giornale

Grunberg o van der Jagt


Marina Gersony

Visto così sembra un giovane clone di Woody Allen: smilzo come un’acciuga, riccioli rossi e scomposti, lentiggini, lenti spesse, aria molto jewish. Notevole il look daltonico: camicia attillata a strisce sottili mutlicolori, pantaloni blu pece con righina bianca, cintura pitonata beige, faccia furbetta, ego finto dismesso. si tratta di Arnon Grunberg, aliasMarek van der Jagt, scrittore burlone che è assurto a onor di cronaca grazie ai suoi romanzi irriverenti (l’ulitmo della serie si intitola Gstaad95/98, Instar Libri), ma soprattutto grazie a una biografia inusuale. Riportiamo qui di seguito il racconto della sua breve ma intensa vita che abbiamo raccolto ieri mattina in quel di Mantova.
“Sono nato ad Amsterdam nel 1971. Mi hanno sbattuto fuori dalla scuola quando avevo sedici anni perché bigiavo sempre. volevo fare l’attore. Mi sono dunque messo a girare per tutte le scuole di recitazione europee ma non andavo mai bene: chi aveva da ridire sul mio fisico, chi sulla mia voce. Accettai così di lavorare presso un’azienda come fotocopiatore. Dopo due anni il mio capo mi chiese se volevo andare avanti così per tutta la vita. Avevo vent’anni. Così un giorno andai per caso alla Buchmesse di Francoforte. Non avevo mai visto tanti editori messi insieme e fu così che decisi di fondare una mia casa editrice specializzata in autori tedeschi rigorosamente non ariani. Pubblicai cinque libri di letteratura tedesca tradotti in olandese ma purtroppo mi rimasero sul gobbo. Intanto mi ero indebitato con la banca che rivoleva indietro i soldi che mi aveva prestato. Ho fatto bancarotta. Decisi di ritornare a Francoforte per vendere i rimasugli e un editore olandese pareva interessato. La sera stessa mi inviò a un ristorante cinese ma mi disse che in reatlà dei miei libri non gliene fregava niente. Che però gli sarebbe piaciuto che scrivessi io un romanzo.
Era il 1994. Lo scrissi in 9 mesi, s’intitolava Lunedì blu(in Italia è stato pubblicato da Mondadori ma uscirà prossimamente anche da Instar Libri, ndr) e fu un successo internazionale. In seguito mi affidarono una rubrica sul NRC Handelsblad (uno dei più noto giornali olandesi, ndr) e una rubrica radiofonica. Poi mi innamorai di una tipa e la seguii a New York. Finito l’amore lei è partita e io mi sono fermato lì. Siamo rimasti amici. Mi misi a fare lo scrittore a tempo pieno e un giorno un altro editore mi propose un nuovo romanzo. Per non fare torto al primo gli proposi lo pseudonimo di Marek van der Jagt, in onore di uno dei miei scrittori preferiti, Marek Hlasko. Accettò, ma la cosa doveva rimanere un segreto tra noi due. Inventai così un alter egotimido e orso, refrattario alle interviste che rilasciava al massimo via Internet. Creai così un personaggio virtuale ma credibile. Gli diedi perfino un volto: per Marek scelsi il viso di un amico di un amico. Era il mio opposto. Comincia a prendere gusto all’intera faccenda. Purtroppo il libro che uscì con lo pseudonimo (Storia della mia calvizie, Instar Libri, ndr) vinse lo stesso premio come migliore scrittore esordiente in lingua nederlandese (il premio Anton Vachterprijs, ndr) che avevo già vinto con Lunedì blu, firmato Grunberg. Iniziò la caccia all’uomo. Sul sito Internet avevo scritto, con tanto d’indirizzo, che Marek viveva a Vienna. i giornalisti andarono in Austria per intervistarlo, ma l’inquilina, una signora ignara di tutto, sbatté loro la porta in faccia. Per farla breve, fui smascherato da un’analisi dello stile effettuata sul computer da alcuni linguisti e matematici. Messo di fronte all’evidenza fui costretto a confessare la mia doppia identità. Il futuro? Chi lo sa. Forse continuerò a scrivere con i miei due nomi, forse con uno e perché no?, forse con tre”.
Se Arnon/Maek diventerà un Nobel è ancora tutto da stabilire. Di certo, la sua vita finora è già lo spunto per un romanzo.